Thomas, Schio - Italia
Ciao Matteo, mi chiamo Thomas, ho 44 anni. Condivido molti dei tuoi ragionamenti e mi chiedo per quanto ancora l’umanità potrà sostenere questi ritmi di totale estraneazione. Oggi sono costretto a convivere con il senso di urgenza, è una necessita, altrimenti sei fuori. Mi viene richiesto un messaggio in più, una mail, una call (non si può chiamare semplicemente ‘chiamata’, non saresti alla moda), una slide, una riunione, una trasferta, sempre qualcosa in più ed il paradosso è proprio quello che descrivi tu, più il tempo è pieno di queste idiozie, più mi sento vuoto dentro. Alla fine della giornata mi sento di non aver fatto nulla di utile, sento di aver sprecato la mia esistenza, eppure non mi sono fermato un secondo! Buttare via tempo è più facile di quanto sembra. Il futuro mi inghiotte con la sua ansia. Più accelero e meno capisco dove sto andando. Per fortuna a volte capitano dei momenti come quelli che descrivi tu quando parli del Kairos, anch’io ne ho avuto qualcuno. Di recente ho portato mia figlia al parco, ero al telefono con un tizio del lavoro che non lascia respirare, poi mia figlia mi ha chiamato dicendo ‘mi guardi!? Papà mi guardi?!’ Era già successo altre volte, ma questa era diversa, era diverso il suo sguardo. Mi ha catturato, l’ho sentita dentro, ho chiuso il telefono in faccia a quel cretino senza dire una parola e sono corso ad abbracciare mia figlia. In quel momento si è fermato tutto. Scusa lo sproloquio ma volevo arrivare a dire che nei giorni seguenti mi è giunto alla mente il pensiero che il tempo non è una misura, ma un’esperienza. Questa esperienza mi ha fatto tornare alla memoria diverse letture fatte negli anni, a cui ho dato interpretazioni nuove.
Nel leggere i tuoi testi non ho potuto fare a meno di notare i profondi richiami a Zygmunt Bauman, padre della società liquida, nella quale il tempo è slegato dallo spazio, dalla continuità e dalla memoria, ed il presente diventa come eterno. Credo però che non ci si debba rassegnare, e che bisogna sempre guardare il lato positivo delle cose. Per questo apprezzo molto il tuo impegno, spero di imbattermi in un tuo dipinto prima o poi, mi piacerebbe per il ragionamento che c’è dietro, un’arte che non chiede attenzione, ma la pretende! Un’arte che interpella, che si lascia attraversare, che almeno fa un tentativo per risvegliare gli animi. E provarci è tutto per come la vedo io, contro le valanghe di piagnistei ovunque, contro i miti del vuoto e del nulla che dovrebbero farci sprofondare. Quando guardo i tuoi cipressi mi sento interrogato, il che non sarebbe una grande novità, mi capita anche con altre opere, ma nel tuo caso mi sento anche obbligato ad una risposta, a fare qualcosa! Questo è il potere di un’arte che ti interroga veramente! La risposta ho provato a darla con queste righe, la risposta è che certamente dobbiamo tornare ad abitare il nostro tempo. Grazie per questo spazio, credo che tornerò a scriverti in futuro.